#09 ALTHEA E LIR
Althea Lir e il micio nero.
Racconto per i più piccoli scritto da Gandalf Gray e narrato da Gandalf Gray.
In un angolo remoto del mondo, dove il confine tra la realtà e il magico si sfuma nella foschia mattutina, vivevano due folletti di nome Althea e Lir. Lei, Althea, era un turbine di energia, con occhi scintillanti come smeraldi; lui, Lir, era la calma incarnata, i suoi occhi azzurri tranquilli come un cielo sereno. Nonostante le loro differenze, erano inseparabili, uniti da un legame profondo che superava la mera amicizia.
Con l'avvicinarsi dell'inverno, Althea e Lir sapevano che il tempo era essenziale. Dovevano raccogliere cibo sufficiente per sostenere la loro comunità durante i mesi gelidi, quando la terra si addormenta sotto un pesante mantello di neve. Fu così che, una notte, decisero di avventurarsi oltre i confini sicuri della foresta, verso il piccolo paese umano al limite del bosco.
Quando Althea e Lir varcarono la soglia della casa umana, si trovarono immersi in un mondo completamente diverso dal loro, un luogo di meraviglie e misteri che mai avrebbero potuto immaginare. La casa era un labirinto di stanze e corridoi, ognuno racchiudendo segreti e storie umane che i due folletti potevano solo intuire.
Il primo elemento che catturò la loro attenzione fu la luce. A differenza della luce soffusa e verde filtrata dagli alberi del loro bosco, qui dentro la luce era brillante, emanata da piccoli soli intrappolati in sfere di vetro appese al soffitto. Althea, con gli occhi spalancati, si meravigliava di come gli umani fossero riusciti a incapsulare la luce del giorno, rendendola disponibile anche nelle ore più buie.
Poi, c'era il calore. Nel bosco, il calore era qualcosa che si cercava attorno al fuoco o sotto la copertura degli alberi. In questa casa, tuttavia, il calore avvolgeva tutto, come un abbraccio invisibile che emanava da strane scatole attaccate alle pareti. Lir, con un sorriso stupito, si avvicinò a una di queste scatole, toccandola leggermente, meravigliato dal suo tepore costante.
Ma forse, ciò che più li colpì fu l'abbondanza. Nella loro vita nel bosco, tutto era misurato, raccolto con attenzione e rispetto per la natura che li nutriva. Qui, invece, si trovavano davanti a una dispensa piena zeppa di cibo: frutta che non avevano mai visto, pacchetti di cibo sigillati che emanavano profumi invitanti, e vasi di miele che brillavano sotto la luce artificiale. Althea, con gli occhi lucidi di stupore, si domandava come potesse esistere un posto con così tanta abbondanza, tutto racchiuso tra quattro mura.
Il contrasto tra la loro vita semplice, intrecciata con il ritmo della natura, e questa esistenza umana, così complessa e piena di invenzioni, li fece riflettere. Mentre si muovevano con cautela tra le stanze, cercando di non lasciare traccia del loro passaggio, iniziavano a capire che, nonostante le differenze, c'era qualcosa di fondamentale che condividevano con gli umani: il desiderio di sicurezza, di calore, e di abbondanza.
Questa esperienza nella casa degli umani non solo ampliò i loro orizzonti, ma li fece anche riflettere sulla propria esistenza. Si resero conto di quanto fossero fortunati ad avere una comunità unita e un profondo legame con la natura, ricordando che l'abbondanza non si misura solo in cibo, ma anche nella ricchezza delle relazioni e nella bellezza dell'esistenza condivisa.
La loro missione era semplice: entrare in una delle case umane, e quello erano riusciti facilmente a fare. Quindi dovevano recuperare quanto più cibo possibile.
Tuttavia, il destino decise di giocare una carta inaspettata. Un micio nero come la pece, con occhi gialli penetranti, li sorprese. Il gatto, sfoderando un'agilità sorprendente, iniziò a dar loro la caccia, costringendo i due folletti a rifugiarsi sotto un divano.
Il cuore di Althea batteva all'impazzata, mentre Lir cercava di mantenere la calma. Dopo alcuni momenti che sembravano eterni, Althea, con un sussurro coraggioso, decise di parlare al micio. "Perché ci dai la caccia? Siamo qui solo per aiutare la nostra famiglia," esclamò con una voce che tremava leggermente. Lir, sorpreso dalla decisione di Althea di aprire il dialogo, la sostenne con uno sguardo incoraggiante.
Il micio, dapprima sorpreso dalla capacità dei folletti di parlare, si sedette, la coda avvolta attorno alle zampe. "Gli umani mi hanno insegnato a cacciare tutto ciò che entra in casa," miagolò. "Ma voi... voi non sembrate cattivi." La conversazione che seguì fu l'inizio di una strana, ma sincera, amicizia. I folletti spiegarono la loro missione, e il micio, mosso da un'improvvisa compassione, si offrì di aiutarli.
Quella notte, sotto la guida del gatto, Althea e Lir riuscirono a raccogliere più cibo di quanto avessero mai sperato. Lattine di tonno, pacchetti di biscotti, e persino un intero sacchetto di patate finirono nella loro sacca magica, che poteva contenere molto più di quanto suggerisse il suo aspetto.
Al momento del congedo, i folletti promisero al micio di tornare a fargli visita. Grazie a lui, la loro comunità avrebbe avuto abbastanza cibo per superare l'inverno. Mentre si allontanavano, Lir rifletté ad alta voce: "A volte, gli incontri più improbabili si rivelano i più fortunati."
La morale della storia, cara e semplice, è che l'amicizia e la comprensione possono nascere anche nelle circostanze più inaspettate. Non giudicare troppo in fretta, perché persino un micio nero, spesso associato alla sfortuna, può rivelarsi un portatore di fortuna e un amico fedele. E così, Althea e Lir ritornarono ai loro boschi, arricchiti non solo di cibo, ma anche di una lezione preziosa sull'importanza dell'apertura e della solidarietà.
Tornati nel bosco, con la loro sacca magica piena non solo di cibo ma anche di nuove comprensioni, Althea e Lir sentirono una rinnovata gratitudine per la loro casa tra gli alberi. E sebbene fossero affascinati dall'ingegnosità umana, sapevano che il loro cuore apparteneva alle ombre danzanti del bosco, al canto degli uccelli al mattino, e alla semplicità della vita nella natura.