#18 IL CIRCOLO DEI CAPITANI DI LUNGO “SORSO”.
Scritto da Mauro Brambilla,
Tratto dalla raccolta “I RACCONTI DELL’ORSACCHIOTTO”.
Narrato eccezionalmente da Marco, facente parte dell’equipe di intelligenza artificiale
Salve,, io sono Alfredo,, Soccorritore sulla Nave Ammiraglia.
Vi scrivo di seguito col permesso e l’approvazione dei decani del Circolo dei Capitani di Lungo Sorso.
Il Circolo dei Capitani di lungo Sorso, era stato creato dai primi cadetti della scuola per Ufficiali di Marina, pare in tempi precedenti ai romani ... ed il Circolo, è frequentato dai diplomati dell’Accademia con una buona resistenza alcoolica; da qui, il nome ... .
Molti degli avventori erano Animali iscritti all’Albo degli Animali Incantati e Incantatori. Cioè a dire, figure mitiche di Navigatori di tutti i Mari e di tutti i Tempi, sì perché trattandosi di Animali Speciali, alcuni di questi Lupi di Mare, sceglievano di frequentare il Circolo in un’Epoca in cui la Compagnia gli fosse più congeniale ... .
Così, poteva capitarvi di incontrare al Circolo: l’Ammiraglio Orso Stanco, il Viceammiraglio Nelson, alcuni della ciurma della BARCA AMMIRAGLIA !!! Entrando si veniva accolti in una affettuosa ed informale atmosfera, eppure elegantissima, ed arredata con le migliori opere Artistiche dei migliori Artisti delle migliori Epoche.
Una Targa capeggiava sopra la porta che dava accesso al salone principale. Era una Targa d’Onore, scolpita ad imperitura Memoria del Soccorritore Carlson, due medaglie d’Oro, Mitico Narratore di tutti i Tempi e di Ogni Mare; inoltre pilota di Ogni cielo, Poeta amatissimo e dalle Liriche Fresche e con Ali di Aquila !!!
Il Mitico Carlson, è morto, risucchiato dalle eliche di una Lancia, ormai sfinito dall’ultimo Fatale Sforzo di un Salvataggio !!!
Vi racconto che a volte, quando ancora era in Vita, Carlson, aveva visitato le Epoche in cui il Circolo raccoglieva gli Esseri più poetici e capaci di Volare più Alto a volte visitando il passato, a volte avventurandosi in tempi futuri così, era possibile anche incontrarlo ai giorni nostri se lì aveva scelto di visitarli mentre era vivo. I poeti migliori erano quelli capaci di trasportare gli ascoltatori sulle “Ali” del loro racconto; chi si lasciava portare dalla loro scia, cullare dalle loro parole, volava alto.
Così, poteva eccezionalmente capitare di incontrare il Mitico Carlson che aveva voluto visitare la Nostra Assemblea per ascoltare il racconto dei migliori poeti: erano momenti che sarebbero stati tramandati ai nipotini dei nipotini ... . La Poesia era tenuta nella più alta considerazione, al pari della passione e della capacità di trasmettere le proprie esperienze e di portarci con loro.
Quali gare poetiche si svolgessero, vi lascio immaginare, ma anche vi racconto con qualche piccolo episodio a cui fui personalmente Testimone !!!
- Quella, era una sera eccezionale, il cielo era pieno di stelle, spirava una piacevole leggera brezza primaverile; insomma, una sera d’incanto! In via del tutto eccezionale, era presente anche Sua Eccellenza il Colonnello Cammello Incantato con tanto di Alta uniforme e medaglia d’Oro.
Il Cammello Incantato, preferiva passare il suo tempo in quieta adorazione del Suo instancabile Cavaliere, che era Il Principe Caramellin. Quella sera eccezionale, era presente anche il Principe Caramellin accompagnato dal suo amico campione di Tai-Box.
Il Principe Caramellin, era un’alto Ufficiale del servizio Informazioni Militari: una Spia, considerato il Lorence d’Arabia d’Italia, o, come a lui piaceva definirsi scherzando con gli amici, la miglior Mata-Hari d’Europa e perciò, del Mondo !!! Modesto vero ? Era nell’Aria e i più sensibili, si erano accorti dell’approssimarsi delle lucciole e dei passetti silenziosi degli Gnomi (Scorta Reale della Fata Madrina e del Mago) anche loro, attenti spettatori a quella sera d’incanto.
Quella sera, toccava raccontare al Tenente di Vascello Lupo Solitario !
Chi non lo conosceva, credeva che fosse un soprannome, invece NO; il nostro Tenente di Vascello Lupo Solitario, è un lupo nato in Polinesia che ha vissuto molto tempo nelle bellissime foreste italiane, fino a quando comparvero i primi segni dell’uomo e delle sue invadenti attività ... . Il Lupo Solitario, capito come sarebbe presto andata a finire, non si arrese e andò ad arruolarsi fra i Pirati. Dapprima, si arruolò come mozzo, ma presto, grazie alle sue innate capacità navigatorie e al suo coraggio, venne acclamato Tenente di Vascello a furor di popolo.
Più tardi, avvicinandosi la vecchiaia e, sperando lui di essere accolto nel lussuosissimo residence a disposizione degli Ufficiali della Marina ora in pensione, cercò di essere arruolato fra le nostre fila.
Quando si presentò alla commissione esaminatrice, per parificare il grado, (commissione di cui anch’io allora facevo parte), successe qualcosa.
Fu subito chiaro che il Maestro in quella sala, quella sera, era lui ed incominciò a snocciolarci Lezio Magistralis su numerosi e anche spinosi temi marinareschi, dimostrando grande esperienza, competenza e coraggio; ed era sempre documentatissimo o testimone in prima persona, fra le altre cose era anche un istruttore di volo di terzo grado, cioè a sua volta autorizzato a formare altri istruttori, un libretto di Volo invidiabile e “benedetto”. Quanto di meglio, tutti lo volevamo fra i nostri.
Mancava una fastidiosa formalità, un piccolo e banale test di orientamento con mappe e strumenti ottici e, con grande frustrazione di tutti noi, fu chiaro, che il Maestro non ci capiva una “cicca”, uno zero assoluto con mappe e sestante: lui navigava guidato dall’istinto dei suoi avi polinesiani.
Ci spiegò che lui, conosceva a menadito i porti di tutto il mondo e ce li citava sulle mappe, ricordando un cuore infranto qui, una battaglia memorabile là, etc. Ma purtroppo noi eravamo solo commissione e nonostante le nostre sperticate lodi del Lupo, non ci fu modo di convincere i nostri superiori ad affidare alcun Vascello all’infallibile istinto navigatorio (ereditato dagli avi polinesiani) del Lupo Solitario. Non solo sapeva navigare con i contro fiocchi, non solo sapeva leggere il Tempo, come nessun altro, lui leggeva le onde come solo i suoi antenati sapevano fare; era così preciso, che quando voleva “prendere in giro” uno straniero, gli faceva credere che Lupo sapeva dirti chi fosse il pescatore che stava seduto su quella sponda a cento chilometri di distanza, quand’era passata quell’onda che ora lui stava leggendo.
Lupo aveva ereditato la capacità di leggere le onde da suo nonno Analulu che, nel villaggio natale di Lupo, era anche Capo villaggio.
Tutti nel Circolo, si fecero comodi lasciando a Lupo un’accogliente ed affettuoso spazio: pacche sulle spalle, strizzatine d’occhio da lupi di mare, ragazze che gli svenivano in braccio ... tutti in silenzio, si abbassano le luci, El Cantor, inizia un fondo musicale di “guitarra”, un aggraziato “tatareado” di polpastrelli.
Lupo prende fiato, si concentra, e incomincia il suo racconto.
Questo racconto nasce dal mio ricordo di quando vivevo nel villaggio polinesiano dove ero nato e vivevo insieme a mio nonno Analulu.
- Uno straniero, venuto apposta da fuori, sapendo che noi non volevamo a nessun prezzo vendere il nostro prezioso tesoro di Perle, con uno stratagemma, costrinse Analulu con le spalle al muro e di fatto lo costrinse (con uno stratagemma) ad accettare una sfida; accettata la sfida, lo straniero volle mettere in palio un bellissimo premio equivalente a ben 115 kilogrammi di oro zecchino, 145 diamanti di buona caratura, e il tutto contro il nostro Tesoro di Perle.
A quel punto sottrarsi, avrebbe comportato vergogna a tutta la tribù e bisognava perciò accettare a qualsiasi costo; oltre tutto il premio, se mai avessimo potuto per pura fortuna vincere, era piuttosto “succoso”, probabilmente tre volte il valore delle nostre Perle.
Ma Lupo, sfidò a sua volta lo straniero dicendogli che se davvero era così certo di vincere, perché non decuplicava allora la sua posta ? Per far fronte a questa nostra richiesta, dovette impegnare tutti i suoi beni ed ipotecò persino la casa in cui viveva con la sua famiglia.
Quando arrivò il momento della sfida, lo straniero ci accompagnò in mare aperto e disse a Lupo:
“Tre giorni fa, alle sette di sera, mio fratello fece qualcosa sulla spiaggia di ghiaia dell’isola dei conigli a cento chilometri da qui; dimmi, che cosa fece ?”.
Lupo, aspettò senza scomporsi e poi, dopo aver atteso due ore in silenzio, quando ormai l’equipaggio si era convinto alla rassegnazione, Lupo disse:
“Voglio parlare ! Tuo fratello è un tipo piuttosto grasso, ed è alto 165, forse 167 centimetri, anzi no, porta le zeppe nelle scarpe; ha al suo fianco una splendida fanciulla mora, con una voglia di vinaccia sulla parte sinistra del mento, la quale porta in testa un foulard di seta con delle rose e sulle labbra, un rossetto arancione e ... quei due, si amano e ... si stanno baciando ... “.
Insomma, descrive con dovizia di particolari la fanciulla, fino ad arrivare a descrivere addirittura una voglia a forma d’Africa e di color mirtillo, sotto il seno destro della ragazza.
A questo punto, lo straniero incominciò ad imprecare nella sua lingua ad alta voce e quando si fu calmato, tradusse nella nostra lingua:
“Quella essere mia moglie ! “.
Analulu, cavallerescamente, disse che si era sbagliato, che voleva prenderlo un po’ in giro, ma risultò che effettivamente era andata proprio così e lo straniero, scelse sportivamente di onorare il suo debito ... rendendoci ricchi per sempre.
Analulu decise poi di proporre allo straniero un accordo segreto, che gli permise di rimanere proprietario della casa familiare e in più, lo straniero, avrebbe ricevuto da Lupo quanto necessario per sfamare ogni mese la Sua famiglia ... .
Quale fosse l’accordo, non lo sappiamo, ma oggi lo straniero, è parte della comunità ed è nostro amatissimo compagno e fratello - .
Ma chi era davvero Lupo: Lupo, navigava fortunali improponibili, attaccato con una mano al timone e gridando a piena voce : “YEPPPIYAYA” !!!! “ E pareva un aggraziato essere celeste che fa surf su di un vascello che ha la manovrabilità di una chiatta.
Lui, non ne sbagliava una e, fra un grido di gioia e l’altro, urlava con VOCE TERRIBILE ORDINI SECCHI, a cui i suoi uomini ubbidivano con prontezza e sprezzo del pericolo; solo raramente avveniva un incidente :
“ UOMO IN MARE ! “.
Dato questo grido, si poteva star certi che il Lupo si gettava fra i marosi immediatamente, ed ha sempre salvato ognuno dei rari caduti in mare; è risaputo che la Fortuna aiuta gli audaci ... .
Lupo ha appena concluso il suo racconto, quand’ecco, vicino alla porta del Circolo, appare un’ombra, ed un brusio del pubblico si fa rapidamente più forte e distinto: “CARLSON !!! E' arrivato Carlson ! “.
Subito ci ammutolimmo e nessuno osò più respirare ... . Neanche il barista, quello fra noi meno emozionabile, aveva pensato di riempirgli il bicchiere; appena accorti dell’imperdonabile offesa, in men che non si dica Carlson fu raggiunto da un inusitata quantità di bicchieri colmi di Cognac, che lui rapidamente svuotava e ringraziando sempre per nome chi glielo aveva offerto. A chi avesse osato offrire ad un mito come Carlson una bevanda diversa dal Cognac, sarebbe stato tolto il saluto del circolo e si rischiava pure la radiazione ... .
Carlson, per toglierci d’imbarazzo, ci comunicò di conoscere già il fatto che la sua morte era avvenuta in un’epoca antecedente e che lui aveva deciso di visitare la nostra Assemblea quando ancora era in Vita (avvalendosi della facoltà degli Animali Incantati); poi, si interessò su chi fosse di turno quella sera.
Lupo che aveva appena finito, volle dare al pubblico e a lui stesso il privilegio di ascoltare le parole del “Vate” ... e gli cedette subito la poltrona del narratore ... . Carlson, un gigantesco e vigoroso cane San Bernardo a pelo lucido, incominciò:
“Cari Amici, la storia che vi racconterò, è successa nel mondo e nel tempo dell’autore di questo racconto, Mauro Brambilla che usando le mie facoltà di Animale Incantatore, ho incontrato in sogno. So bene che voi, siete abituati a racconti di pirati e di mari esotici, quindi, vi costerà fare questo piccolo sforzo per ascoltare per una volta una storia realmente accaduta “.
Mauro Brambilla, un giorno mi disse:
“Ho un amico, Alberto, che è uno dei miei migliori Amici che ebbe una volta a lamentarsi con me del fatto che da solo non riusciva a lavorare.
Non gli bastavano le ore del giorno e della notte per compiere il suo lavoro di rappresentante in Italia di minuteria finissima, roba da perderci gli occhi e ad intendersela con tutti quei codici scritti piccolissimi e di ogni fornitore diversi. Io che lo conoscevo, gli suggerii di prendersi un aiuto, lui mi rispose che stava addestrando un venditore per i suoi clienti, e io, che lo conosco bene, gli dissi:
“Alberto, ma ti ha dato di volta il cervello ? Perché cerchi un venditore quando ti serve un magazziniere ? Ben mi ricordo di Fulvio, il nostro comune amico che in passato ti aveva aiutato abilmente nella mansione di magazziniere ! “.
Alberto mi rispose:
“Non ho posto ! “.
Ed io:
“Ma come, se hai preso un monolocale di fianco al tuo appartamento per farci il magazzino, come è che non hai più spazio ?”.
Alberto:
“Vedi Mauro, è che mia suocera, buttata fuori dal ricovero per anziani che aveva finito le sovvenzioni statali (misteriosamente dirottate ad una non meglio identificata organizzazione filantropica con sede in uno stabile di via Olgettina a Milano ...) ha dovuto trasferirsi nel mio magazzino ed io, non me la sono sentita di farle entrare un estraneo in casa. Perché vedi Mauro, oltre alla suocera, c’è anche la sua badante, una badante della Transilvania, certa Maria Telefunken, o meglio, CONTESSA Maria Telefunken, guai ad omettere il titolo. Come se non bastasse, mia moglie e i miei figlioli avevano tutti gli orecchioni, che invece io non avevo fatto e quindi in quel periodo pure io ero costretto a vivere in magazzino, per non essere contagiato e compromettere i miei preziosi gingilli “.
Ed io ancora:
“Ahhhhh !!!! Beh insomma, capisco che tu non possa mettere in magazzino anche un estraneo. Ascolta, cosa c’è Alberto, sei andato a Lourdes e hai trovato chiuso ? Dai, vedrai che passerà ... “.
La notte passò, ed io, Mauro, continuavo a pensare a come si sarebbero sistemati per dormire in tre in quel monolocale di totale 23 metri quadrati che ora vi descriverò.
Il monolocale adibito a magazzino e a temporanea dimora di tre persone, si componeva di entrata in un’ampia anticamera (che da sola si “cibava” di un terzo del prezioso spazio) dalla quale si accedeva al bagno e da un altro varco, dove una volta erano le porte e oggi ci sono più comode tendine, ebbene da quest’altro varco si accedeva alla camera da letto che era anche salotto, sala da pranzo, magazzino e ufficio con telefoni, fax e i più obsoleti telex.
Più un computer, che Alberto si ostinava a non voler imparare ad usare e forse era meglio così, perché ogni volta che ci metteva le mani combinava dei casini incredibili, che poi squadroni di costosissimi tecnici informatici dovevano riparare. Dopo una settimana di intenso lavoro di squadra, riuscivano a rimettere in sesto il computer la cui efficienza, spesso durava il breve spazio di un mattino, il tempo di essere di nuovo manomesso alla prima o alla seconda accensione.
I tecnici, erano convinti che in realtà Alberto fosse uno smaliziato Haker che riusciva a compromettere i più segreti flag del computer, sfidandoli a trovare la strada giusta per riparare il danno; gli portavano un profondo rispetto, anche perché le fatture del loro studio venivano pagate dalle casse di Alberto costituendo un terzo delle uscite totali della sua ditta.
Essendo il più delle volte il computer inservibile, tutto il lavoro veniva quindi fatto a mano: gli indirizzi per le spedizioni, la tenuta dei “sacri” registri contabili, l’archiviazione e il protocollo della corrispondenza, i preventivi, i solleciti di pagamento, gli ordini la tenuta del magazzino. Lavoro improbo perché, spesso, svolto consultando lisi quaderni con alcune pagine che recavano i segni del menù dell’ultimo giorno in cui erano consultati.
Oltre al computer, appoggiato su una scrivania dirigenziale in legno di mogano che da sola occupava un quarto dei 12 metri quadrati della camera, ufficio, sala da pranzo, oltre al computer dicevo, una stampante di quelle antiche, testina ad aghi, pesante come un macigno, con un rumore di aeroplano al decollo e una testina di stampa che dopo cinque minuti per colpa dell’attrito, raggiunge temperature
critiche e se uno insiste, dopo altri cinque minuti si arriva alla temperatura in cui si fondono gli aghi ... .
Apro una parentesi, e vi voglio raccontare di quel giorno in cui, la stampante, si animò di vita propria e incominciò a sputare ad una considerevole velocità, una gran quantità di modulo continuo: per risparmiare, Alberto, ha connesso la stampante a un pacco da 58 kili di modulo continuo ... . Quando disperato mi telefonò, ed io gli consigliai (con esito poi positivo) di staccare la spina dalla presa elettrica, rimanevano nel pacco del modulo continuo solo pochi fogli.
Intanto, con gli ultimi fogli carpiti, la stampante si era fortemente avvinghiata in un amplesso innaturale, ma la temperatura della testina era davvero troppo calda e i fogli presero fuoco ... .
La badante, che proprio quel giorno era venuta a presentare il suo Curriculum, lo spense subito a borsettate e poi con l’acqua dei pesci, che presumibilmente, furono gli unici a non essere contenti e a non ringraziare il benedetto intervento della badante.
Chiusa la parentesi, proseguo con la descrizione del magazzino:
C’è una stufa, di quelle vecchie, rettangolari imponenti, di ghisa alimentata a kerosene; il tubo della stufa, scaricava nella canna fumaria; peccato che il suo vicino del piano di sotto, aveva illegalmente fatto installare una ventola forzata che scaricava a pressione gli effluvi della sua cucina.
Quando cucinavano il pesce, e succedeva spesso, bisognava farsi una doccia e cambiarsi d’abito prima di essere di nuovo presentabili, finestre aperte giorno e notte, estate e INVERNO ! Infine, l’ultimo locale del “sontuoso” appartamento era la cucina vera e propria, che insisteva su 2, dicasi 2 metri quadri.
I miei amici della periferia del nostro sud, quando gli descrivo le metrature di quel monolocale, che per altro sono quelle dove anch’io vivo, credono che voglia prenderli in giro ... .
Appena sveglio, telefono preoccupato ad Alberto per chiedergli come abbia passato la notte e se la badante e la suocera russano molto ... .
“ Caro Mauro, non è quello del russare il problema, ieri, non ti ho detto tutto, c’è ancora dell’altro “.
Io:
“Ah Sì ??? “.
Alberto:
“Sì, la badante ha un femore rotto e non può neanche spingere la carrozzina della suocera, se no le scivola la gamba rotta e se cade per terra, si rompe tutta lei ! “. Io:
“Eh già ...”.
Alberto:
“Ma c’è ancora dell’altro “.
Io:
“Beh, ormai dimmi anche questa “.
Alberto:
“La badante, ha un disturbo agli occhi, ma siccome crede nella medicina omeopatica, rifiuta sia la risolutiva operazione al femore che la visita oculistica e l’omeopata, le ha prescritto degli occhiali oscurati a lenti buie, sì, ma con dei piccoli buchini attraverso cui si sforza la vista; ma non solo, la luce le ferisce gli occhi e abbiamo dovuto cambiare tutte le lampade con quelle meno potenti sul mercato ... “.
Io:
“Ohhh, ma che bell’idea, e adesso come fai a leggere i codici, stai imparando il ‘Braille’? “
Alberto:
“Sono riuscito a salvare il faretto sulla mia scrivania, a patto che lo usi solo quando indispensabile, e su questo almeno, è comprensiva “.
Passò ancora una notte, ma alla mattina non resistetti, lo chiamai e gli proposi:
“Caro Alberto, se mi dai il numero dell’agenzia che ti ha suggerito di assumere la Contessa, io ho avuto un’idea in cui ti vorrei socio: assumiamo altre cinque badanti Transilvane, poi si fa una piccola donazione al consolato della Transilvania a favore delle vedove di guerra, e un’altra donazione all’Ente Protezione Animali (non vorrei mai che dopo la crudeltà sugli animali usati nel circo ... si pensasse di andare oltre ... non si sa mai).
Insomma sto pensando ad un bellissimo spettacolo circense: entra il pubblico e trova montata la classica gabbia per gli spettacoli con i leoni, entri tu, con un paio di boxer in licra azzurri e una pelle di leopardo a coprire parzialmente il petto, villoso; una frusta in una mano, una sedia nell’altra, si apre il portoncino del tunnel e, artrosi permettendo, le nostre badanti balzano agili sugli sgabelli, tu schiocchi la frusta nell’aria e fai finta di dirigerle, che in realtà loro si fanno gli affari loro alla grande proprio ... Poi, quando le cose incominceranno a rendere, il nostro primo
cruccio sarà regolamentare i contratti, secondo le norme del sindacato Attori. Credo che in questi tempi difficili, sia un bel modo per guadagnarsi il pane, cosa ne pensi ? “
Alberto:
“Sì Mauro, mi sono divertito molto ad ascoltare la storiella del circo. Ma purtroppo, c’è ancora dell’altro ... “.
Rispondo incredulo:
“Ma vah ??? “.
Alberto:
“Sì, la Contessa Maria, (senza il Telefunken, così mi permette confidenzialmente di chiamarla purché non in presenza di estranei) oltre a dare del Lei a tutti, e tutto sommato, è un bene, oltre a ciò, quando a chiamarla sono io, non risponde ... “.
Io:
“Perché, è sorda ? “.
Alberto:
“No, è che ce l’ha a morte con i maschi ... “.
Io:
“Ah, nient’altro ? “.
Alberto:
“ Beh, già che me lo chiedi, debbo dirti che la Contessa Maria è “Berlusconiana” e questo francamente mi è forse più difficile da superare ... inoltre è monarchica e fa il tifo per il Real pargolo canterino, “.
Io:
“Beh, ma perché mai non la cambi ? “.
Alberto:
“Vedi Mauro, ho messo un annuncio per trovare una badante che dorme in piedi e ne ho viste diverse, ma quando dico loro che dovranno dormire in un sacco a pelo “a mummia”, appese dietro la porta d’ingresso, fuggono anche le più disperate “. Io:
“In effetti, la disposizione di tre persone che dormono nel tuo magazzino, mi resta difficile da capire, me la spieghi ? “.
Alberto, rispose:
“Volentieri. La suocera dorme e vive nel cucinino di 2 metri quadrati, io dormo sulla scrivania, coperto da una vecchia ma calda trapunta e la badante appunto, alla sera, si infila nel sacco a pelo (a mummia) ed io l’aiuto ad appendersi al chiodo
fissato dietro la porta; certo non si cucina più niente, se non la camomilla della sera e la badante va a dormire alle 18.30, dopo che il pizzaiolo ci porta le pizze ... .
Le prime notti, la badante che prende il diuretico, mi doveva svegliare gridando a gran voce e spesso, doveva unirsi anche la suocera per superare la profondità della mia stanchezza: mi devono chiamare, per staccare la badante dal chiodo e permetterle così di uscire dal sacco a pelo e andare urgentemente a fare pipì; tutto questo, 4 o 5 volte per notte. Una volta che non riuscirono a svegliarmi, al mattino misi giù un piede, accorgendomi come ci fosse dappertutto il lago che non poté fare a meno di produrre la Contessa ... (sarà mica questo il famoso lago della contessa ?). E' incredibile come da un corpo così piccolo, possano uscire tali quantità di liquidi. Per le notti successive, la badante prendeva il diuretico alla mattina e alla sera metteva il pannolone “.
Io:
“Ah, ecco; Alberto carissimo, i miei auguri vivissimi, spero proprio che tutti stiate bene e, guarda, ho pensato alla tua proposta per arrotondare le mie magre entrate, prendendomi a pensione tua suocera e la sua badante; ti sono grato per avermi pensato, ma sai, per il momento, preferisco ancora la mia autonomia e grazie, ma sarà per un’altra volta. Ciao caro, chiamami quando vuoi, e stai sereno, perché tutto passa, anche i momenti difficili. A te il mio abbraccio “.
Alberto:
“Anche a te, ciao, “.
Passa una settimana in cui non ci sentiamo, poi lo chiamo:
“Ciao Alberto, come va con la “Drakulessa” ? “.
Alberto:
“Taci Mauro, e non farmi dire di più ... “.
Io:
“Dai, ti prego, dimmi di più ... “.
Alberto:
“Ebbene, mia suocera, è caduta andando in bagno e si è rotta in quindici punti diversi ... abbiamo chiamato il 118 e ci hanno trasportato con l’ambulanza in ospedale, dove l’hanno sottoposta a tante radiografie da costituire dose di rischio, e poi, l’hanno fatta diventare una mummia di gesso ... . Per altro con molta maestria e non senza senso artistico: ora finalmente, la si poteva guardare. Pensavamo che se la tenessero lì, almeno per qualche giorno, e invece no. Il loro budget era stato prosciugato dalla Regione per pagare un vecchio debito contratto a suo tempo con
l’ANAS e così, la mamma mummificata nel gesso (per altro di una pazienza da portare ad esempio) la signora mamma era di nuovo a casa. Inoltre, la badante ha una polmonite e la febbre alta (e non vuole andare da un medico onesto) perciò, abbiamo dovuto ripescare alcune delle badanti che dormono in piedi e che non sono fuggite, per assumerne ben due: una per la signora mamma ed una per assistere la Contessa Telefunken. Quindi dormivamo io, mia suocera, una badante appesa alla porta; le altre due, avevano liberato il ripiano di uno scaffale dove dormivano entrambe, avvinghiate. Tutto bene, purché non si dovesse sciogliere l’intreccio per andare in bagno, anche se loro due (in realtà contadine delle Ande che per trovar lavoro, si erano rivolte all’agenzia delle Transilvane) dicevano: - le Andine, sono donne pronte a tutto, temprate dai venti e dall’Eternità dei cieli sereni delle loro montagne ... sono donne di vescica dura quando ce n’è bisogno -. Beh Mauro, un caro abbraccio e ti prego, affido alla tua penna le mie disgrazie, perché ne abbia beneficio chi pensa di aver diritto a lamentarsi ... “.
E qui, termina il racconto di Carlson.
Io, Carlson, desidero ricordarvi un detto dei cani delle praterie:
“Chi vive contento è più contento e più intelligente di chi vive lamentandosi”Sino qui, i cani delle praterie.
Sorridete alla Vita e ... la Vita Vi sorriderà !!!
Tutti ci stringemmo in un abbraccio collettivo, a cui tutti parteciparono, e nessuno escluso.